Irpinia: a 40 anni dal tremendo terremoto cosa rimane? In queste ore cadrà il 40° Anniversario del più grande evento catastrofico della recente storia repubblicana, Il terremoto dell’Irpinia: 3000 vittime, 9000 feriti, 300.000 senzatetto. Oltre 60mila i miliardi spesi per quello che è passato alla storia come il momento di massimo spreco di denaro pubblico.
Caratterizzato da una magnitudo di 6,9 (X grado della scala Mercalli) con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania, causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e, secondo le stime più attendibili, 2.914 morti.
Il suo boato, tetro e pauroso, rimase inciso in una musicassetta. La voce del terremoto dell’Irpinia mette paura ancora oggi. Se non l’hai mai sentita la potrai ascoltare qui.
L’evento più catastrofico della recente storia della Repubblica
Il terremoto colpì alle 19:34:53 di domenica 23 novembre 1980: una forte scossa della durata di circa 90 secondi, con un ipocentro di circa 10 km di profondità, colpì un’area di 17.000 km² che si estendeva dall’Irpinia al Vulture, posta a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza. I comuni più duramente colpiti (X grado della scala Mercalli) furono quelli di Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Laviano, Lioni, Sant’Angelo dei Lombardi, Senerchia, Calabritto e Santomenna.
I resoconti dell’Ufficio del Commissario Straordinario hanno quantificato i danni al patrimonio edilizio. È risultato che dei 679 comuni che costituiscono le otto aree interessate globalmente dal sisma (Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia), 506 (il 74%) sono stati danneggiati.
Le tre province maggiormente sinistrate sono state quelle di Avellino (103 comuni), Salerno (66) e Potenza (45).
Sulla ricostruzione molto è stato scritto e detto, eppure, a 40 anni di distanza, tutto è stato etichettato come mero sperpero e malaffare. L’Irpiniagate ne rappresentò il punto estremo e la Democrazia cristiana, incarnata da Ciriaco De Mita, assieme alla Dc irpina e campana, furono il bersaglio prediletto.
Quarant’anni dopo cosa resta?
In Irpinia si fatica ad avere una memoria condivisa dei fatti e dei misfatti.
Dal punto di vista demografico, l’Irpinia – nello specifico l’Alta Irpinia, che diverrà la zona del cratere – si è ridotta a 413mila abitanti, mentre erano poco più di 430mila nel 1980. L’emigrazione prima e la mobilità oggi caratterizzano questi luoghi.
I ricordi e la memoria delle persone coinvolte direttamente o indirettamente iniziano a convergere in una memoria condivisa dopo 40 anni dall’evento. Molto di quanto si percepisce e si conosce di quanto accaduto è il frutto della trasmissione di altre generazioni. Ciò vale anche nel caso, per esempio, della generazione post-terremoto, nata dopo il 23 novembre 1980. I luoghi che si vivono, che sono improvvisamente mutati, si sono trasformati con il terremoto, o peggio con la ruspa selvaggia del post-terremoto, non sono gli stessi dei loro genitori e i 90 secondi di scossa hanno reciso definitivamente qualsiasi collegamento con il recente passato.
Probabilmente l’Irpinia e la storia del suo terremoto rappresenta solo quello che non dovrebbe mai più esser fatto dopo un grande terremoto. E quello che sta accadendo ad Amatrice, purtroppo, ne è la dimostrazione. Conosciamo le zone dove colpirà il prossimo terremoto, dobbiamo lavorare fortissimo sulla prevenzione sismica! Nostra unica arma.