La storia dei terremoti che hanno colpito Roma

La storia dei terremoti che hanno colpito Roma

La storia dei terremoti che hanno colpito Roma. La Capitale d’Italia stamattina è stata svegliata da una scossa di terremoto. L’epicentro, a Fonte Nuova in una zona sismicamente non pericolosa. 

Stamane i romani si sono svegliati con il terrore di una scossa di terremoto. La magnitudo è stata di 3.3 gradi Ritcher ad una profondità stimata a 10km poi rettificata a 7km. Quindi un terremoto abbastanza superficiale. 

Molti che erano svegli giurano di aver sentito chiaro il boato prima dell’inizio della scossa.  Un sisma non attesa avvenuto in una zona dove non ci sono faglie attive. 

In generale Roma si trova in un territorio sismicamente poco attivo ma, vista la sua vicinanza all’appennino centrale, risente spesso degli effetti dei terremoti catastrofici avvenuti nelle aree adiacenti. Spesso, in passato, tali scosse hanno causato crolli, danni ed anche vittime.

Elenchiamo i maggiori terremoti della storia che hanno ferito la città eterna.

Il terremoto a Roma del 1349

Il terremoto del 9 settembre 1349 è stato uno dei più importanti terremoti storici con origine nell’Appennino centrale. Probabilmente è stato l’evento sismico più fortemente risentito a Roma dove arrivò con una Intensità stimata intorno al 7-8° grado della scala MCS.

Nel suo complesso il terremoto interessò un’area molto estesa, area che grosso modo corrisponde al settore di Appennino centro-meridionale compreso tra Perugia e Benevento. Il terremoto è attestato in numerose fonti  memorialistiche. Secondo la testimonianza di Matteo Villani (sec. XIV), i danni a Roma furono decisamente consistenti, almeno su alcuni edifici di rilievo: «…i terremoti feciono cadere il campanile della chiesa grande di San Pagolo e la torre del Conte, lasciando in molte parti di Roma memoria delle sue rovine». Petrarca (1351), che si trovava a Roma per il Giubileo del 1350, descrive i danni provocati dal sisma: «Roma è stata scossa da un insolito tremore, tanto gravemente che dalla sua fondazione, che risale a oltre duemila anni fa, non è mai accaduto nulla di simile. Caddero gli antichi edifici trascurati dai cittadini ammirati dai pellegrini, quella torre, unica al mondo, che era detta del conte, aperta da grandi fenditure si è spezzata ed ora guarda come mutilata il proprio capo, onore della superba cima sparsa al suolo; inoltre buona parte di molte chiese e anzitutto di quella dedicata all’apostolo Paolo è caduta a terra la sommità di quella Lateranense è stata abbattuta»

Dopo il terremoto 1349 sembra che Roma ha goduto di una relativa «calma sismica», che è perdurata fino al grande terremoto dell’aquilano del 1703, anno in cui si avvertirono in Roma varie decine di scosse, alcune delle quali causarono danni considerevoli agli edifici e qualche vittima.

Il terremoto a Roma del 1091

Un altro forte terremoto avvenne il 27 gennaio 1091. Una nota del sisma è contenuta in un necrologio dell’XI secolo, conservato in un codice miscellaneo della Biblioteca del British Museum. Il necrologio  non fa tuttavia alcuna menzione di danni o crolli. 

Il terremoto a Roma del 801

Secondo gli scritti, l’imperatore Carlo Magno si trovava a Spoleto quando avvenne un gravissimo terremoto nella notte del 30 aprile. Sisma che a Roma causò il crollo del tetto della basilica di S. Paolo fuori le Mura.

I terremoti a Roma dall’anno zero al 508

Il Colosseo venne lesionato da un terremoto! A dimostrarlo un’epigrafe, conservata all’interno dell’Anfiteatro Flavio, che attesta restauri all’arena e al podio in seguito a uno «spaventoso terremoto». Tale intervento fu opera del prefetto Decius Marius Venantius Basilius, che lo sostenne a spese personali. Dato che Decius Marius Venantius Basilius fu console nel 484 o nel 508, la data dell’evento risulta incerta. Nel 445 il Colosseo risultava integro in occasione del festeggiamento a Valentiniano III. Nel 519, in occasione di giochi pubblici documentati da fonti coeve, invece il portico già non esisteva più e una parte delle gradinate era fortemente deteriorata, forse proprio a causa di un terremoto avvenuto tra il 484 e il 508.

6 Maggio 1976: il terremoto che inginocchiò il Friuli

6 Maggio 1976: il terremoto che inginocchiò il Friuli

6 Maggio 1976: il terremoto che inginocchiò il Friuli. Alle 21:00 una scossa violentissima con epicentro nella zona tra Gemona e Artegna (a nord di Udine). Magnitudo di 6,5. Preceduta da un forte boato avvertito in moltissime zone.

Il terremoto del Friuli venne chiamato dagli abitanti locali con un nome che mette paura: ORCOLAT, l’orco della Carnia che nella tradizione friulana provoca i terremoti. Furono quasi 1000 i morti in 137 Comuni. Una cinquantina quelli più colpiti, soprattutto nel quadrilatero tra Gemona, Venzone, Buja e Majano. In tutto esattamente furono 989 le vittime rimaste sotto le macerie. 

I danni furono amplificati dalle particolari condizioni del suolo, dalla posizione dei paesi colpiti, quasi tutti posti in cima ad alture, e dall’età avanzata delle costruzioni. I paesi andati distrutti non avevano infatti riportato danni rilevanti nella prima e nella seconda guerra mondiale, a differenza di San Daniele del Friuli che, semidistrutta dai bombardamenti aerei del 1944, aveva dovuto ricostruire gran parte della sua struttura urbana con criteri moderni.

Difficile localizzazione di faglia ed epicentro

C’è stato un lungo interrogarsi sulla posizione esatta dell’epicentro, molto spesso discordanti. Uno degli studi più citati è quello di Aoudia  che colloca l’epicentro nel gruppo del monte Chiampon. Secondo lo studio “il terremoto del Friuli del 1976 è da mettere in relazione ad una piega connessa a faglia che evolve da fagliazione cieca sotto le strutture di basamento del monte Bernadia e del monte di Buia, a faglia semi-cieca sotto la struttura neogenica del monte Susans e che finisce nella piega di Ragogna”.

La scossa più forte il 6 maggio 1976 fu seguita da altre scosse molto rilevanti che distrussero quel poco che era rimasto in piedi:

  • 6 maggio 1976: magnitudo 6.5 ore 21:00
  • 11 settembre 1976: magnitudo 5.3 ore 18:31
  • 11 settembre 1976: magnitudo 5.6 ore 18:35
  • 15 settembre 1976: magnitudo 5.9 ore 05:15
  • 15 settembre 1976: magnitudo 6.0 ore 11:21

Ricostruire dov’era e com’era

Negli anni successivi l’orgoglio friulano permise una ricostruzione “dov’era e com’era”, consentita e resa possibile dal decentramento delle decisioni dalle Regioni ai sindaci e mirata al re-insediamento della popolazione nei luoghi in cui viveva prima. La ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del 6 maggio 1976 sarebbe diventata un esempio virtuoso.

Studiando la spesso vasta documentazione relativa al periodo precedente al terremoto è stato spesso possibile redarre un Piano Particolareggiato che ebbe come obiettivo la conservazione della materia originale affidando a essa il ruolo di testimonianza della continuità storica. Da una parte la decisione di lasciare visibili le tracce del sisma, dall’altra una fedele ricostruzione delle parti crollate. Esempio mirabile e motivo d’orgoglio, sicuramente quello della ricostruzione di Venzone

Il boato che precede il terremoto

sisma terrore

Il boato che precede il terremoto è uno degli aspetti scientifici che più terrorizza. Cosa si nasconde dietro il sinistro rumore che spesso anticipa la devastazione?

Ogni terremoto ha una propria storia sismica che lo ha generato e effetti macrosismici unici. 

Molte caratteristiche però si ripetono sempre. Sicuramente una delle caratteristiche più spaventose, anche da ricordare, è il rumore del terremoto

Il rumore che precede un terremoto non è sempre uguale e molto dipende dal grado di impressionabilità di chi lo vive per poi raccontarlo. 

A volte è percepito come un rombo, a volte come un cupo boato altre volte come uno schiocco. 

Scientificamente il boato è causato dalle onde P, le più veloci generate dal terremoto, che si propagano dall’ipocentro in ogni direzione. Le onde P anticipano di qualche secondo, in funzione della magnitudo e della distanza, l’arrivo delle onde S che scuotono il terreno e sono le principali cause di distruzione. In Giappone si usa la velocità delle onde P per inviare un allarme automatico per avvertire la popolazione dell’arrivo di un sisma.

Quando le onde primarie P dall’ipocentro raggiungono la superficie del suolo, quest’ultimo si comporta come una cassa di risonanza facendo a sua volta vibrare l’aria che ne è in contatto. 

La vibrazione del terremoto quindi ha ora due componenti: le vibrazioni che si propagano nel suolo e quelle nell’aria.

Queste ultime, viaggiando mediamente più velocemente di quelle del suolo, raggiungono prima l’orecchio della persona che le percepisce come il rumore del terremoto. Che poi arriva subito dopo.  

Esempi storici di “boati” che hanno generato i terremoti

In rete troviamo tantissime registrazioni audio che raccontano il rumore del terremoto.

Questa ricostruzione audio ci racconta il grande sisma Mw9.0 del Giappone, nel 2011. Incredibile come si uniscono bene prima le onde P poi le onde S:

Oppure un esempio italiano con la percezione del terremoto a Porto San Giorgio il 30 ottobre 2016:

Tornando indietro negli anni, la registrazione del rumore del terremoto dell’Irpinia del 1980:

La percezione sonora del terremoto

A far chiarezza scientifica è un’interessante studio chiamato “Earthquake sound perception” di Patrizia Tosi, Paola Sbarra e Valerio De Rubeis pubblicato su AGU

Dallo studio emerge che il suono è un effetto prodotto da quasi tutti i terremoti. Utilizzando un questionario basato sul web sugli effetti dei terremoti che includeva domande relative al suono sismico, si sono raccolte 77.000 risposte per i recenti terremoti superficiali italiani. Un’analisi dell’attenuazione dell’udibilità ha indicato che la diminuzione della percentuale di intervistati che ascolta il suono era proporzionale al logaritmo della distanza epicentrale e dipendente linearmente dall’entità del terremoto, in conformità con il comportamento dello spostamento del suolo. 

Il suono è uno degli effetti più comuni riportati durante o immediatamente prima dell’inizio delle vibrazioni del suolo causate dai terremoti. In alcuni casi è stato registrato su nastro, aggiungendo prove per frequenze superiori a 20 Hz poiché la risposta del registratore a nastro scende di solito rapidamente al di sotto di tale valore.

Inoltre, è importante considerare i fattori che influenzano la propagazione del suono nello strato affiorante; come altri come la pressione, le variazioni di temperatura e il vento che influenza la propagazione del suono in tutta l’atmosfera. Altre fonti significative di rumore, in particolare nelle aree urbane, sono oggetti i cui movimenti sono amplificati dall’effetto di superficie libera e dalle loro interazioni non lineari. Inoltre, nelle aree urbane la percezione del suono sismico può essere disturbata dal rumore antropico. Tuttavia, questo aspetto del fenomeno sismico non deve essere trascurato. In effetti, sebbene il suono del terremoto non causi danni, può provocare paura e creare panico.

Perchè gli animali possono sentire prima l’arrivo del terremoto

Dai dati sismometrici sappiamo che i terremoti generalmente irradiano onde sismiche principalmente nella gamma di frequenze da 0,01 a 10 Hz, anche se possono generare frequenze più elevate. Gli umani possono sentire le onde sonore principalmente nell’intervallo da 20 a 20.000 Hz. Il risultato è che solo le onde sismiche con l’intonazione più alta (principalmente) risiedono nell’intervallo di frequenze per l’intonazione udibile più bassa, come confermato dalle registrazioni del suono che accompagnano i piccoli terremoti che indicano che le frequenze dominanti erano nell’intervallo da 5 a 60 Hz. Il risultato spiega perché non tutte le persone nello stesso posto ascoltano suoni sismici e perché alcuni animali fuggono nella paura. Molto dipende dalla sensibilità di un organismo ai toni bassi.

L’udibilità del suono del terremoto quindi è un fenomeno complesso indissolubilmente correlato:

  1. alla fonte dell’evento (geometria, magnitudo, profondità, caduta statica e dinamica dello stress);
  2. al terreno (distanza della sorgente, geologia, struttura di attenuazione e topografia);
  3. all’aria (profilo di densità);
  4. alla presenza di oggetti (edifici e mobili);
  5. a fattori umani (soglia di udibilità e rumore antropico).